
Foto di Alfonso Lorenzetto.
Chi Sono
Nasco a Treviso, nel dicembre del ’64, e qui cresco, gioioso come la Marca che mi regala i natali.
Frequento il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci, dal quale sgattaiolo fuori “maturo” solo sulla carta.
Entro a Economia e Commercio, a Venezia, ma tutto quello che resta, negli archivi di quella facoltà, è il mio modulo di iscrizione.
Poi è la volta del servizio militare, a metà tra Tarvisio e Padova, con la penna nera.
Una volta congedato, partecipo, inconsapevole, alla selezione per l’assunzione in banca, esclusivamente per mettere alla prova
la mia passione per i test.
L’ipotesi che siano “attitudinali” viene smentita: mi assumono.
Medito da subito la fuga, ma un incidente di moto, che mi lascia segnato, mi costringe ad apprezzare la stabilità e la sicurezza del posto fisso.
Nel frattempo, lavorando, mi nasce la voglia di esplorare gli studi umanistici. Mi iscrivo e mi laureo in Scienze Politiche a Padova. Lo sforzo è intenso e prolungato e di utilità marginale quasi nulla.
Dedico tutta la parte significativa della mia carriera lavorativa alla consulenza finanziaria, vestendomi in grisaglia.
Continuo a meditare la fuga, ma gli anni passano.
Mi innamoro, trovo moglie e nasce un figlio. Lei è una brava imprenditrice.
È l’ultima chiamata: o mio figlio crescerà insieme a me, oppure con la tata.
Contemporaneamente nasce anche il primo romanzo, che parla di svolte.
Due più due fa quattro: saluto la banca, pubblico il primo romanzo e mi dedico alla famiglia. Poi al nuovo romanzo, poi ad alcune sceneggiature, poi ancora a un altro romanzo.
A cinquant’anni, tutto può ancora cambiare. Potrei fare il testimonial.
Cosa Faccio
“Questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso!”
Parte tutto da qui.
Ricordo perfettamente quel momento: ero seduto alla mia scrivania, in ufficio, e ragionavo sul significato di questa espressione. La sfida era diventata riuscire a descrivere, usando il minor numero possibile di parole, in modo chiaro – e possibilmente simpatico – la contraddizione che notavo per la prima volta in quel modo di dire.
(Il risultato di questo sforzo è annidato da qualche parte, all’interno de “L’Invenzione”)
Mi ero divertito e avevo continuato, senza uno scopo preciso. Le pagine si erano sommate, sempre senza un obiettivo, solo per il gusto di scrivere. Poi, all’improvviso, ho intravisto la possibilità di dare una forma e un significato a quella storia che mi stava nascendo tra le mani, quasi involontariamente. Solo allora – senza ambizioni, con il sorriso tra le labbra – ho cominciato a immaginare di poter scrivere un intero romanzo.
Ho iniziato così, mettendo su carta una delle tante “pippe mentali” che da sempre si affollano nella mente.
E così ho continuato, usando la scrittura quasi come una terapia. Ho notato che una volta estratte e trasferite su carta, le ossessioni, quasi sempre smettono di tormentare. Con un ulteriore vantaggio: possono essere ritrovate lì, sui fogli, pronte per essere trasferite ai protagonisti dei romanzi.
Così, mentre nella mia vita reale ero torturato dall’idea di lasciare il mio lavoro, mettevo gli attori de “L’Invenzione” di fronte a un bivio in cui dovevano decidere cosa fare dei loro anni a venire. Non svelo cosa hanno poi deciso di fare loro, ma da questa pagina si può capire cosa ho deciso di fare io.
Successivamente, le mie intime perplessità e i miei sospetti, sono diventati i dialoghi, le confessioni e le paranoie degli attori di “Bad Bankers”, che dibattono sulle questioni morali ed etiche del proprio lavoro, facendo proprie le preoccupazioni che tormentavano me (e tutti i colleghi che facevano un lavoro simile al mio) al tempo del crack delle banche venete.
Oggi, con l’accelerazione della tecnologia e con l’intelligenza artificiale, le domande esistenziali che mi assillano riguardano il nostro domani.
Che mondo ci aspetta?
Cosa succederà quando tutta la tecnologia, già presente in fase embrionale nella nostra vita quotidiana, avrà fatto un ulteriore passo in avanti?
Quale sarà il prezzo da pagare per vedere risolte le problematiche – come inquinamento, traffico, salute o sicurezza – che affliggono la nostra esistenza?
Gli individui saranno sempre più evoluti, collegati e interconnessi o sempre più isolati, controllati ed eterodiretti?
Anche questa volta, ho affidato ai protagonisti di “Fuga dal Mondo Perfetto” il compito di decidere se il futuro – che io immagino e in cui loro vivono – sia positivo e auspicabile oppure ineluttabile e disturbante.
